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H.P. Lovecraft, la biografia

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Howard Phillips Lovecraft, conosciuto più comunemente come H.P. Lovecraft, nasce a Providence nel 1890 in un modesto appartamento di  Angell street. Il padre, Winfield Scott, è un commesso viaggiatore nevrotico e paranoico, che muore di sifilide durante un ricovero in clinica psichiatrica quando H.P. ha appena 8 anni. Lovecraft trascorre la sua infanzia con la madre, possessiva ed iperprotettiva, due zie e il nonno. La morte di quest’ultimo  segna l’inizio di una serie di problemi economici che accompagneranno Lovecraft per tutta la vita.
Lovecraft è un bambino solitario e malaticcio. I suoi problemi di salute non gli consentono di portare avanti gli studi e abbandona prematuramente la scuola. Questo però non ferma la sua insaziabile sete di sapere e di conoscenza, che già nella più tenera età lo porta alla studio di importanti opere narrative e dei più complessi manuali di astronomia, fra le cui pagine si immerge con dedizione e smisurata passione.
La madre non accetta che il ragazzo esca di casa, poichè lo ritiene troppo brutto perfino per mostrarsi in pubblico. Vive quegli anni essenzialmente come un recluso, vittima di disturbi del sonno e incubi notturni che ne condizionano l’esistenza e che avranno una pesante influenza sulle sue opere. Le letture e la creazione di poesie sono la sua unica valvola di sfogo.
Alla morte della madre Lovecraft si trasferisce a Boston dove inizia a lavorare come correttore di bozze, professione che per tutta la vita sarà la sua principale fonte di sostentamento.
Fa la conoscenza di una commerciante di cappelli Newyorkese di nome Sonia Greene, con la quale convola a nozze qualche anno dopo. I due si trasferiscono a New York, ma a causa del fallimento della attività della donna e delle difficoltà dello scrittore a maturare un reddito costante, la coppia si separa. La donna si trasferisce a Cleveland alla ricerca di nuove opportunità professionali e  i due consensualmente divorziano nel 1929. Sul matrimonio di Lovecraft circolano tante voci spesso contraddittorie, si dice che egli fosse sostanzialmente un omosessuale represso, o ancora un asessuale, ma è la stessa Sonia a smentirle descrivendolo come “un amante eccellente“.
Lovecraft torna così a Providence dove trascorre il resto della sua vita in umili abitazioni in compagnia dell’ultima zia ancora in vita, Annie Emeline Phillips. A questo periodo risalgono due romanzi fondamentali nella sua produzione artistica: il caso di Charles Dexter Ward e le montagne della follia.
L’autore tuttavia è scoraggiato dal disinteresse con il quale gli editori accolgono i suoi lavori. Scivola in una lenta e profonda depressione aggravata dalla presa di coscienza di un grave male che lo colpisce. Nel giro di un anno le sue condizioni di salute peggiorano irrimediabilmente, obbligandolo ad un estremo ricovero in ospedale per un tumore all’intestino in stato avanzato. Muore a Providence nel 1937, aveva 47 anni

Lovecraft, la filosofia e le opere

Lovecraft rappresenta più di ogni altro autore l’archetipo del letterato solitario, inconciliabile con un mondo in continua trasformazione che si appresta a divenire il marasma moderno che oggi conosciamo molto bene. Fritz Lieber, nel libro “vita privata di H.P. Lovecraft“, lo definisce “il Copernico del racconto dell’orrore“.
Lovecraft ha infatti apportato una rivoluzione alla concezione del terrore comune. Per secoli l’uomo ha temuto il divino e le sue manifestazioni avverse che individuano nel diavolo l’antagonista principale e più subdolo di Dio e dell’umano. è un terrore che scaturisce da una fede incrollabile, appoggiata in maniera dogmatica dalla quasi totalità degli uomini, nel quale le religioni giocano un ruolo fondamentale. Il 1900 è un secolo che segna un importante punto di svolta nel pensiero comune, uno mutamento derivato dall’abbattimento di nuove frontiere scientifiche che svelano giorno dopo giorno possibili alternative alla realtà religiosa data fino ad allora per scontata. Una certezza permane: quella della morte, spettro vessatore che non può in alcun modo essere seminato, e che fa sempre tanta paura. La morte è l’elemento che forse maggiormente scuote le coscienze nel complesso universo delle ghost story e questa sottile sfumatura già prima di Lovecraft erano riusciti a coglierla scrittori del calibro di Arthur Machen, Edgar Allan Poe, Algernon Blackwood, M. R. James,  nelle loro riuscitissime storie di fantasmi. Le anime dei morti incutono una certa inquietudine, ma la consapevolezza che la condizione di fantasma sopraggiunga alla morte e che alla morte non vi sia rimedio, conferisce ulteriore angoscia a tali racconti, mai troppo distanti da noi proprio perchè originati da premesse concrete. Ma vi è anche una nuova prospettiva che si apre e stimola l’interesse generale. La scienza ha spostato l’attenzione al di fuori del nostro mondo, nelle profondità di uno spazio infinito e sconosciuto che fra miliardi di stelle e pianeti deserti potrebbe ospitarne uno, o più d’uno, con presenze di vita mostruose e crudeli. Lovecraft cavalca l’onda di questa moderna paura, che come emerso dalle sue lettere pare fosse anche sua, e crea dei nuovi antagonisti dell’uomo, i grandi antichi, esseri primordiali abitatori dello spazio irraggiungibile.
Ha il merito di inventare una nuova cosmologia, basata sull’interazione fra le nuove scoperte scientifiche e astronomiche e le vecchie rimembranze religiose. Si tratta di esseri con identità ben precise: Chtulhu, Nyarlathothep, Yog-sothoth e molti altri, che di volta in volta fanno la loro comparsa nei libri del solitario di Providence.
Lo stile di Lovecraft è tremendamente e fastidiosamente reale, i dettagli vengono dosati con una maestria tali da stimolare nel lettore il dubbio che il narratore (praticamente sempre un protagonista che racconta le propri sventure in prima persona), da qualche parte nel mondo, possa per davvero aver vissuto quell’agonia. A Lovecraft piace offrire quanti più riferimenti possibile al reale, anche a costo di dover ricorrere a stratagemmi narrativi come il necronomicon, un testo fittizio con una background alle spalle terrificante, maniacalmente preciso e dettagliato al punto che ancora oggi molti appassionati lo ritengono reale. Creare un assurdo verosimile è la prerogativa di Lovecraft. Qualsiasi altro autore, narrando i suoi argomenti, finirebbe con l’apparire esageratamente estremo.

opere di Lovecraft recensite

Le montagne della follia
Il caso di Charles Dexter Ward
I racconti del Necronomicon
I mostri all’angolo della strada

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